È conveniente stampare denaro per fare fronte alla crisi scatenata dalla chiusura dovuta al coronavirus?
Il dibattito si accende e chiama in causa un po’ tutti, dai politici agli accademici agli imprenditori, ai lavoratori convolgendo tutta la società.
In tempi in cui in molti si improvvisano virologi, epidemiologi e anche economisti, non sia mai che qui si commetta lo stesso errore.
Di mestiere faccio l’impenditore nel settore dei servizi digitali, sono specializzato in analisi dati e in gestione dei processi anche chiamata business engineering.
Intervengo per esprimere la mia opinione basandomi sugli studi di economia maturati nelle università Inglesi, con il rigore che da esse mi deriva e in particolare dall’approccio analitico della LSE. Preciso che non sono un accademico nè mi occupo di gestione finanziaria e visto che l’economia – come tutti i saperi – diventa sempre più specialistica, è difficile sostenere di essere esperto in qualcosa pur essendo laureato in economia.
Domanda e Offerta
La curva della domanda ha un andamento dall’alto a sinistra verso il basso a destra
La curva dell’offerta è l’opposto: nessuno vuole fornire niente a basso prezzo, tutti vogliono vendere a un prezzo elevato.
Nel momento in cui le linee si incontrano, viene raggiunto un prezzo – a quel punto viene scambiato il bene – o il servizio. Detto in termini semplici e chiari.
Nella figura di cui sopra, le lettere stanno per: Q = Quantità, P = Prezzo, D = Domanda, S = Offerta (supply).
Molti economisti sostengono che le curve della domanda e dell’offerta sono una delle cause del crollo dei cosiddetti sistemi comunisti, giacché ignorando il funzionamento dei prezzi si finisce per produrre troppe cose che nessuno vuole o troppo poche che tutti vogliono.
All’inizio della pandemia da Covid-19, abbiamo visto che il prezzo delle mascherine è schizzato alle stelle. La curva dell’offerta rimaneva uguale ma quella della domanda si muoveva verso destra, vi era chiaramente una richiesta maggiore (vedi scostamento D1–>D2).
Mercato e bilanciamento
Qui entrano in gioco vari attori: governi, produttori che poi tra loro formano cartelli, distributori, negozianti e infine consumatori. Ognuno di questi riveste un ruolo e cerca di fare il proprio gioco misurandosi con la spinosa legge della domanda e dell’offerta.
Spesso accade che, quando si perde il controllo, lo stesso articolo si trova allo stesso prezzo in diversi esercizi, dalle catene di supermercati o negozi specializzati fino alla piccola bottega; prezzo che di solito è abbastanza alto in certe circostanze. Ad esempio, un altro dei beni che ultimamente ha subito un incremento sono gli ortaggi.
Spesso i vari organismi che sono preposti al controllo o al bilanciamento di certi andamenti, come ad esempio vietare i cartelli che si formano tra i produttori, sono del tutto inefficaci. Certamente, non è che se imponi un prezzo molto basso di un bene (ad esempio le mascherine) ottieni l’effetto che ce ne sia abbastanza per tutti a prezzi accessibili. Qualcuno ha detto che bastava leggere i Promessi Sposi per sapere come Manzoni aveva reso conto della questione del pane durante l’epidemia di peste narrata nel suo capolavoro. Appare chiaro che se non conviene produrre qualcosa perché il prezzo di vendita è troppo basso, nessuno vorrà produrre quella cosa.
La Teoria Economica
Il premio Nobel per l’economia Paul Samuelson spiega queste cose molto bene nel suo trattato Fondamenti di Analisi Economica, una bibbia per gli studi economici in tutto il mondo anglosassone, (P. A. Samuelson, Enlarged ed., 1983. Foundations of Economic Analysis, Harvard University Press). Il problema evidenziato però da vari analisti è che Samuelson ha mancato di spiegare cosa accade in un sistema che non può definirsi di vero libero mercato, a causa del formarsi di cartelli, eventi eccezionali o per ingerenze indebite dei governi ad esempio. Un sistema dove puoi ottenere prezzi negativi. Se infatti la curva dell’offerta si sposta così tanto a destra che il punto di intersezione tra le due curve – il prezzo – diventa inferiore a zero, nessuno sarà mai disposto a produrre per perdere denaro.
La crisi del petrolio durante il coronavirus
Si è visto come, specialmente lo scorso Aprile, il prezzo del petrolio sia crollato fino a valori negativi. Il calo della domanda era ovvio visto la chiusura – o lockdown se preferite – che i Paesi hanno decretato per fare fronte all’epidemia. In tutto ciò non è mancata nemmeno la guerra commerciale tra Russia e Arabia Saudita che ha contribuito maggiormente al calo dei prezzi. Alla fine, tanto petrolio è stato acquistato fino a saturare i depositi delle scorte. Nessuno ne ha bisogno e ne vuole ora. Chi commercia nei mercati internazionali con le cosiddette commodities (materie prime) non è certamente disposto a ricevere petrolio in pagamento visto che il suo valore attuale risulta essere negativo.
Per chi non ne avesse dimestichezza, preciso che non si deve immaginare che questi scambi finanziari avvengano in denaro contro barili di petrolio, bensì attraverso titoli di borsa chiamati ETF (acquisto di fondi negoziati in borsa sul petrolio).
C’è poco da gioire, perchè le crisi e i fenomeni che ne derivano riguardano tutte le nostre economie e non solo alcuni Paesi – ammesso che gioire delle disgrazie altrui sia qualcosa di accettabile.
Le implicazioni dell’eccesso di offerta.
Richard Harris, economista e financial adviser tra cui in passato anche di JP Morgan, Mellon e altri, mi porta a considerare anche un altro aspetto di notevole interesse.
Visto il clima strepitosamente primaverile in tutta Europa, l’energia solare ha avuto picchi di produzione elevata e così anche quella eolica. Tutto ciò, unito al blocco delle attività produttive, ha causato un eccesso di energia, quindi troppa offerta rispetto ad una domanda minima.
Seppure è vero che i nostri sistemi sono basati su modelli che tengono conto e quindi parano il colpo, entro certi limiti, nei momenti in cui domanda e offerta danno luogo a serie negative, altrettanto non è possibile per il mercato delle options quando i prezzi del petrolio diventano appunto negativi.
Le options (opzioni) sono strumenti finanziari derivati che danno agli acquirenti il diritto, ma non l’obbligo, di acquistare o vendere un’attività sottostante a un prezzo e una data concordati.
In tali casi, infatti – quando i prezzi diventano negativi – la funzione logaritmica nei modelli delle options si arresta in modo anomalo e i traders non sono più in grado di stimare il loro stesso patrimonio. Ancora una volta qui si evidenzia come certi modelli matematici non siano del tutto infallibili ma invece molto approssimativi, tant’è che alcuni gruppi di traders stanno facendo ricorso a formule molto più arcaiche per venire a capo di questi calcoli.
Ma non è tutto. Alcuni analisti economici ritengono che i tassi negativi siano così nocivi da causare effetti sui rendimenti obbligazionari per un corso di anni interminabile. Tradotto in modo più comprensibile, sostengono che gli effetti negativi sull’economia perdureranno per un tempo estremamente lungo, alcuni stimano perfino secoli. Già in sé la cosa apre discussioni di non poco conto su molti fronti, a cominciare dalle funzioni sociali ma anche teoretiche attribuite all’analisi economica e ai sistemi di produzione e gestione della ricchezza.
Ora, seppure decidessimo di infischiarcene allegramente di quello che dovranno sopportare i nostri discendenti fino a chissà quale generazione – quindi di rimettere alla capacità di chi verrà nel futuro di sbrogliare la matassa – non è che noi nell’immediato riusciremmo a risolvere solo perchè ci mettiamo a stampare carta moneta in abbondanza.
Stampare soldi per risanare
Già la crisi del 2008 aveva spinto la Federal Reserve e poi la BCE, e altre banche centrali, a stampare moneta per combattere la recessione. Altrettanto si farà ora a quanto pare nel 2020.
Già adesso c’è tanta moneta in giro nel mondo – non nelle tasche dei poveri e di quelli che stanno risentendo di questa crisi ovviamente! – che il denaro ha un prezzo negativo.
Mettere 100 euro in banca per averne 99 non è quello che la gente vuole fare, chiaramente, perciò il mercato azionario in questo momento sta aumentando le sue transazioni. Molti si chiederanno come mai visto il momento? Perchè le imprese hanno la facoltà di aumentare i loro prezzi e quindi mettono in commercio qualcosa che è più appettibile per gli investitori.
Ma siccome il capitale deve potersi distruggere, perché fa parte del suo ciclo di ripartenza, come sarà distrutto questo valore? Semplice, lo si farà per mezzo dell’inflazione e per svalutazione. Assisteremo anche a vari spossessamenti, come in tutte le crisi economiche purtroppo.
Svalutando la moneta, ovviamente, si mettono a rischio le imprese e le famiglie. Il mantra dei tassi di interesse negativi ha prevalso nell’ultimo decennio e mentre sembra aver dato risveglio all’economia per un certo periodo, allo stesso tempo ci ha spinti in un abisso da cui non sarà facile uscirne.
Lo stesso Samuelson, da cui molti di noi hanno appreso la scienza economica, parlava di dogmi e pregiudizi che si insinuano tra gli economisti e sono fatti passare per scienza pura quando ovviamente ne sono la pura negazione e, per dirla tutta, l’economia stessa non può essere definita una scienza avalutativa e precisa come potrebbero esserlo la fisica o la chimica.
La soluzione? Beh, non è una cosa affatto semplice e non sarà facile per nessuno.
Sicuramente, mettere in funzione le presse per stampare denaro pensando di offire più possibilità di stimolare il ciclo economico non appare la cosa più sana da fare.