La sfida globale della fame richiede un mix di high-tech, OGM e bio

Un interessante articolo a firma di Andrew Porterfield, studioso di scienze della vita, autore e consulente per diverse istituzioni accademiche, aziende e organizzazioni non profit, comparso su Genetic Literacy Project indaga il problema della fame nel mondo e cerca di scoprire se vi è una risposta nell’uso organizzato e razionale di tecnologie innovative, organismi geneticamente modificati e produzioni biologiche.
Entro il 2050 la popolazione terrestre raggiungerà i 9-10 miliardi, un incremento notevole rispetto agli attuali 7 miliardi.

Come faremo a sfamare tutti?

Nutrire 2-3 miliardi di esseri umani in più non è cosa da poco.
Fra le varie idee c’è quella di convertire più terreni ad uso agricolo. Tuttavia non sembra essere così plausibile e semplice.
In questo agisce anche la spinosa questione del cambiamento climatico. Alcune aree diventano più fredde, mentre altre assumono un clima sempre più tropicale.
Alcuni sostengono che abbiamo bisogno di aumentare l’efficienza ma allo stesso tempo dobbiamo ridurre i rifiuti e le perdite durante il ciclo di produzione.
Non è nemmeno plausibile pensare al cibo a chilometri zero dappertutto e per tutti, date le differenze climatiche e ambientali ma anche sociali e produttive in molti paesi.
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), circa un terzo del cibo prodotto ogni anno viene perso o sprecato.
I paesi industrializzati e quelli in via di sviluppo sono ugualmente colpevoli, in tutto questo.
I paesi più avanzati perdono circa 670 milioni di tonnellate, mentre 630 milioni di tonnellate di cibo si perdono nei paesi in via di sviluppo.
Uno studio finlandese ha calcolato che se riuscissimo a contenere queste perdite entro la metà, un miliardo di persone in più potrebbero essere nutrite.
La ricetta allo studio di scienziati, ricercatori, economisti, industriali, produttori, politici etc., pare essere un mix di tecnologia, ottimizzazione delle risorse, impiego di OGM e agricoltura biologica.
Qui si accendono dibattiti su dibattiti, soprattutto per la questione OGM, per la verità poco capita e invece molto contrastata anche senza nessuna evidenza scientifica.
Né, certamente, la risposta a tutto questo può essere la via della decrescita, qualcosa di piuttosto inconsistente per non aggiungere altro.

Ovviamente, la quantità di cibo sprecato pro-capite è enorme in tutti i paesi avanzati, le stime indicano 100 Kg all’anno contro gli 8 dei paesi sottosviluppati dell’Africa subsahariana e Asia.
Ad incrementare lo spreco nei paesi industrializzati, secondo alcuni studi, ci sarebbe la pretesa dei consumatori ad acquistare prodotti sempre più perfetti, confusioni sulle etichette relativamente alle scadenze (da vendere entro, da consumare entro) e anche le promozioni che incitano a comprare in grandi quantità.

La FAO nei Paesi in via di sviluppo.

Nei Paesi in via di sviluppo, la FAO sostiene che le maggiori perdite si hanno durante il ciclo produttivo, dalla coltivazione alla raccolta e conservazione, per via di pratiche e tecnologie vecchie e non efficienti.
Bisogna dunque adottare migliori tecniche di produzione ma anche di conservazione, refrigerazione, trasporti. Si fa riferimento anche all’uso di migliori sementi, di fertilizzanti e pesticidi e al miglioramento dell’ingegneria genetica.
La reazione degli ecologisti e anti-OGM è chiaramente forte e contraria: Tutto ciò non risolve la fame nel mondo e apporta maggiori problemi, sostengono. Nella maggior parte dei casi senza però dare evidenze e offrire alternative.

Di fatto, 2 miliardi di persone oggi soffrono la fame e questo non avviene perché non produciamo abbastanza cibo. Sono nell’indigenza più profonda perché non rientrano tra coloro che possono pagare i loro bisogni!
Non è un problema di tecnologia, è invece un problema legato al sistema di produzione della ricchezza sociale.

Nessuno si aspetta che il problema dei rifiuti alimentari e le perdite di cibo vengano risolti completamente. Nemmeno è possibile pensare che da soli possano poi rispondere adeguatamente alla domanda globale di cibo. Anche lo studio finlandese ammette che la soluzione alle perdite non coprirà la richiesta dovuta all’aumento della popolazione.

Inoltre, tanti altri temi si innestano nella questione: l’impiego delle risorse idriche e naturali in genere, la gestione dei suoli, etc. Tutte cose che hanno sempre a che fare con il sistema di produzione della ricchezza ovunque impiegato nel pianeta. Non è che l’uso o meno della tecnologia determini un tipo diverso di economia.

Pertanto, il problema potrebbe essere risolto ma nessuna delle proposte al vaglio da parte di studiosi, industriali e governanti prende in considerazione nemmeno per sbaglio che il modo di produzione, quindi il sistema economico in essere su scala planetaria, possa essere superato a vantaggio di tutta la popolazione presente e futura.

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